REC#6:::Dargen D’Amico – Musica senza Musicisti (2006)

Questo album non è piaciuto, nell’ambiente.
Almeno così dicono gli esperti (però quelli che ne sanno che conosco lo amano tutti).

Perchè è un album difficile, è sempre difficile digerire qualcosa che non si era mai provato prima.
Questo album è una frontiera scavalcata, un cancello disarcionato, è un tipo che ti entra in casa, prende una birra dal frigo ed esce dalla porta sul retro senza dire una parola.

Dargen D’Amico confeziona un pacchetto esplosivo, stupefacente e sublime, nel senso ottocentesco di unione di bellezza e brutezza, un livello oltre tutti i canoni del genere (sarà per questo che non è piaciuto?).

 

Le basi sono sue e svariano dalla techno al rock sperimentale, co-adiuvato nella parte artisitica da numerosi musicisti professionisti (quelli che sanno suonare gli strumenti, per intenderci).

I concetti espressi sono filosofia pura, come "l’analità universale" – non sto a spiegarvela, dovete ascoltare – ed, è vero, diversi brani "sulle donne". Ma a parte qualche uscita poco carina, niente che non avete già sentito al mercato comunque, anche questi, anche se "vanno diretti al sodo" e non lasciano niente all’immaginazione o al politically correct, hanno secondo qualcosa da dire e da trasmettere (e qua mi rimetto ai vostri commenti).
Di fondo, io almeno, ci vedo la volontà di parlare del desiderio sessuale in maniera aperta, senza preconcetti e soprattutto sinceramente, non celando perversioni ed eventuali "pensieri scorretti", perchè, semplicemente, fanno parte di noi.
Non sto dicendo per questo che bisogna restare fermi, che non sia possibile ed auspicabile cambiare.
Ma per cambiare occorre conoscersi a fondo.
Ecco, questo album mi ha aiutato a pormi certe domande, principalmente grazie alla sua sincerità.

Ma torniamo alla parte artistica.

Dargen ha una tale padronanza della lingua e della tecnica rap che la sua voce suona come un mantra che non puoi fare a meno di seguire ed interiorizzare, in alcuni pezzi; come una lama che insieme alle basi e alle atmosfere che creano ti grattano sul cervello come fosse una lavagna, la cosa sconvolgente è che il fastidio e il dolore li senti nello stomaco, nel cuore, ma non nella testa; infine, semplicemente, come la telefonata di una amico o una chiacchierata un po’ folle con lo sconosciuto conosciuto in bar asciutto di persone e alcool.

La cultura Hip Hop ha una parola, l’Undecesimo Comandamento, per indicare questa capacità: Flow.

Quando si hanno troppe parole per definire una cosa, è meglio trattenersi e dire il minimo indispensabile.
Così facendo, la testa e il cuore continueranno a scambiarsi ragioni e sentimenti, input e output, kaos e ordine.
E’ voi riuscirete a vivere ancora qualche tempo.

Secondo Kool P Shook di HipHopMurderers, bisogna essere preparati per ascoltarlo.
Secondo me, bisogna "essere umani".
Buon ascolto.

Se non ne avete ancora abbastanza, oggi overdose di stile!

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